storia
L'acqua di Nitrodi
Il Parco
SPA
Biofood e Bio Drink
Storia
L'acqua
Parco
SPA
Bio Bar
Tariffe e orari
Prenotazioni per il parco, per gli appartamenti, per le experience e per la settimana detox
Thermal Relais
Experience
Vai allo shop dei prodotti cosmetici termali naturali con le acque di Nitrodi
Orari Tariffe
Prenota
Room
Experience
Shop

Archeologia


Archeologia

Le più remote testimonianze d'insediamento umano nell'isola di Ischia sono di età neolitica, circa 5500 anni fa.

I ritrovamenti più massicci, relativi a quest'epoca, avvengono negli anni '60, nel comune di Ischia, in una zona chiamata "Cilento" e in una zona vicina detta S. Michele, risalgono a un'epoca che va dai 5000 ai 3500 anni fa. I reperti provenienti dalla località Cilento sono frammenti di ceramica vasi semplici non decorati e vasi dipinti in argilla fatti a mano senza l'aiuto del tornio, ma anche pesi in terracotta per reti da pesca, segno che questa era una delle attività principali degli uomini della pietra sull'isola.

Ma sarà l'età del bronzo, quella più fulgida per l'isola.

Nell'VIII secolo viene fondata dai coloni greci Pithecusae, in greco, Pithekoussai, una cittadella che aveva le caratteristiche di un emporio. Pithecusae si trovava a Lacco Ameno e venne scoperta nella seconda metà del Novecento da Giorgio Buchner. I reperti ritrovati sulla collina di Monte Vico e nella baia di San Montano dallo studioso tedesco gettano luce su una civiltà di grado avanzato che aveva rapporti commerciali con il vicino Oriente, la Grecia la Spagna, l'Etruria meridionale, la Sardegna. In nessun altro sito greco si sono trovati oggetti provenienti da un ambito geografico così vasto come a Pithecusae. Non solo durante gli scavi viene portata alla luce La Coppa di Nestore, che faceva parte del corredo funerario di un fanciullo; si tratta di un reperto importantissimo: sulla coppa c'è un'iscrizione considerata il più antico documento di lingua greca a noi giunto e rappresenta il primo frammento noto di poesia conservato nella sua stesura originale, contemporanea a quella del celebre poema epico attribuito ad Omero. "Io sono la bella coppa di Nestore, chi berrà da questa coppa subito lo prenderà il desiderio di Afrodite dalla bella corona."

 

Le testimonianze archeologiche relative ai periodi posteriori all'VIII sec. a.C. sono piuttosto scarse, Pithecusae era infatti diventata una dipendenza di Cuma, e non aveva più una sua vita autonoma. Tra il 450 ed il 420 circa a.C. Cuma cade nelle mani delle popolazioni sabelliche e Pithecusae, come ci racconta Strabone, venne occupata dai Napoletani e rimase così, per altri tre secoli, una città di civiltà greca.

L'età romana

Come indicano le numerose tombe, il principale centro abitativo dell'isola, che in età romana porta il nome di Aenaria, è rimasto nel territorio di Lacco Ameno, anche se non più sul Monte di Vico, almeno sino al V sec. d.C. Ma Aenaria possiede però anche altri nuclei sull'isola: sicuramente uno importante è situato nel comune di Ischia, a Cartaromana.

Qui infatti scavi subacquei hanno portato alla luce un sito archeologico molto interessante nello specchio d'acqua, circoscritto dal Castello Aragonese e dagli Scogli di S. Anna. Si tratta dei resti di una fonderia di piombo e stagno, tracce di strutture murarie in opera reticolata, manufatti in piombo.

Un altro importante sito archeologico isolano si trova presso la fonte di Nitrodi, nel comune di Barano.

Qui sono state ritrovate delle tavolette votive alle Ninfe che fanno comprendere che la sorgente termale era frequentata nell'antichità e considerata miracolosa per i suoi effetti terapeutici. Le prime notizie circa il rinvenimento di doni votivi alle Ninfe Nitrodi si leggono nell'edizione del 1689 del trattato "De' rimedi naturali che sono nell'isola di Pithecusa, oggi detta Ischia" di Giulio Jasolino. Qui si trova infatti inserita un'aggiunta del dottor filosofo Giovanni Pistoja in cui, oltre alla descrizione della Fontana di Nitroli e delle sue virtù, si dice che, verso la fine del sec. XVII, alcuni contadini portarono alla luce due marmi antichi: uno presentava raffigurate due donne in piedi sotto gli alberi che tenevano per mano un bambino con un'iscrizione recante la parola: voto. L'altro recuperato solo in parte aveva la raffigurazione di un vaso per attingere l'acqua con l'iscrizione LYMPHA NITR. Ma di questi due marmi presto si persero le tracce.

 

Miglior fortuna è toccata invece alla serie di marmi votivi, ritrovati nel 1757. Dei contadini, scavando fosse per le viti, trovarono dodici rilievi marmorei dedicati alle Ninfe Nitrodi, che raffigurano donne guarite e l'arrivo presso la fonte di alcuni medici. Nei tempi antichi le sorgenti, in particolare quelle calde e medicinali, erano infatti poste anche sotto la tutela di divinità femminili, le Ninfe, che sono figure probabilmente derivate dall'ancestrale culto della Madre terra e pertanto dotate, come divinità ctonie, di poteri oracolari e medici. Eracle è spesso associato alle Ninfe, così come Apollo.

 

I rilievi che risalgono ad un arco di tempo che va dal I secolo a.C. al III secolo d.C. di piccole dimensioni, rappresentano per lo più Apollo con la cetra avente a lato due o tre ninfe, che portano conchiglie o vasi dai quali versano l'acqua salutare. Le scene figurate sono accompagnate da iscrizioni dedicatorie, che rendono grazie dell'ottenuta guarigione al Dio ed alle Ninfe della sorgente, chiamate Nitrodes o Nitrodiae . Lo stesso nome con cui ancora oggi si chiama la sorgente. Esso deriva dalla parola nitro cioè con la soda, di cui si riteneva fossero ricche le acque della sorgente. Molto probabilmente questi ex voto di marmo erano appesi alle pareti di una grotta, come proverebbero gli incassi presenti nella parte posteriore di alcuni di essi. Forse una grotta sacra che si trovava sul posto dove si celebrava il culto di Apollo.

Dove ammirare i reperti di Pithecusae, Aenaria e Nitrodi?

Nel Museo di Pithecusae a Lacco Ameno sono esposti i calchi dei rilievi votivi di età romana che furono trovati presso la sorgente di Nitrodi. Mentre le tavole votive originali di Nitrodi oggi sono conservate al Museo Nazionale Archeologico di Napoli, ma non esposte. Due di esse invece sono esposte presso il museo Ermitage di San Pietroburgo.

 

L'antica Pithecusae è visitabile presso il Museo Archeologico di Lacco Ameno, presso Villa Arbusto.

 

Aenaria sommersa dal mare invece si visita sul posto. A Ischia Ponte la cooperativa Marina di Sant'Anna organizza visite guidate su imbarcazioni dal fondo trasparente.

Storia

Pur essendo infatti un territorio piccolo e staccato dalla terra ferma, gode di una posizione che si inscrive perfettamente sulle rotte commerciali del mediterraneo, il che l'ha reso un luogo particolarmente interessante nella geopolitica antica, medioevale e moderna.

 

Una data importante è l'VIII a.C. quando i coloni greci provenienti da Eubea, si stabiliscono nell'isola d'Ischia che e vi fondando Pithecusae. Il toponimo le deriva da Pithos, orcio, la ceramica ischi tana sarà infatti uno dei principali prodotti dei coloni greci in questa comunità mercantile a prevalenza greca, in cui convivevano anche numerosi coloni etruschi e fenici. A Pithecusae che era nata come emporio multietnico è stata ritrovata durante gli scavi effettuati nella metà del Novecento la più antica firma di arte vasaia greca finora pervenuta, la Coppa di Nestore. I contatti e gli scambi commerciali con la costa siriana sono frequenti, come attestano i massicci ritrovamenti di oggetti di importazione orientale: sigilli incisi, ceramica fenicia, scarabei egizi.

 

Dal IV secolo a.C. passò sotto il dominio romano, e continuò il suo ruolo di centro di attività commerciale e manifatturiera. In quest'epoca l'emporio ischitano si sposta a est nella zona di Carta Romana, di fronte al Castello Aragonese, dove è stato scoperto un insediamento industriale chiamato Aenaria. Il sito sprofondò per bradisismo verso il 130-150 e oggi si trova sott'acqua a 5-7 metri sotto il livello del mare. E' visitabile a bordo con barche dal fondo trasparente

 

In epoca bizantina l'isola ebbe un governatore proprio con il titolo di Conte, alle dirette dipendenze del Ducato di Napoli. Anche questo periodo è attestato da ritrovamenti archeologici: "ceramica bizantina", oggetti di metallo.

Il castello aragonese

Giungiamo al Medioevo quando per l'isola si apre il capitolo più drammatico, quello delle incursioni saracene che dureranno centinaia di anni. La popolazione comincia a rifugiarsi sul Castello Aragonese, dove sorge una vera e propria cittadella fortificata. Intanto l'isola non si chiama più né Aenaria né Pithecusa ma Iscla, una contrazione della parola insula, isola. Anche per questo passaggio abbiamo una testimonianza, questa volta si tratta di un documento del 812. È una lettera che Papa Leone III invia all'imperatore Carlo Magno per raccomandargli le sorti degli abitanti di "Iscla Maior", cioè, dell'isola grande. La chiama così per differenziarla dall'isolotto del castello, detto "Insula Minor. Durante il conflitto aragonesi-angioini il castello è teatro di scontri e viene fortificato sempre più.

 

Nel Medioevo e nel Rinascimento molti re calcano la terra ischi tana, segno dell'importanza dell'isola: nel 1320 il re Roberto d'Angiò con la moglie Sancia soggiornò sul Castello Aregonese. Nel XV secolo Alfonso d'Aragona è spesso a Ischia insieme alla sua favorita, la bellissima Lucrezia d'Alagno, che poi diverrà signora del Castello.

Anni più tardi anche Federico I si ritirò a Ischia per qualche tempo.

Nel XVI secolo Ferdinando il Cattolico concedette il dominio a vita dell'isola d'Ischia a Costanza d'Avalos.

Siamo in pieno Rinascimento, un periodo particolarmente ricco per il Castello Aragonese grazie al cenacolo umanista che si sviluppo attorno a Vittoria Colonna.

Vittoria aveva sposato il 27 dicembre del 1509 Ferrante d'Avalos, con una cerimonia rimasta celebre per sfarzo e ricchezza.

 

Luci e ombre però si alternano nel cinquecento ischitano: nel 1554 il pirata Barbarossa con i suoi corsari saccheggia e devasta ogni angolo d'Ischia e così fanno altri pirati.

Forio per difendersi erige varie torri di avvistamento, tuttora presenti nel tessuto urbanistico del paese, di cui la più celebre è il Torrione.

Nella sua lunga storia, Ischia segue da vicino le sorti di Napoli, quindi nel 1734 anche l'isola diventa dominio borbonico con Carlo III.

Intanto in questo giro di secoli, il Castello si è man mano spopolato e sono sorti vari altri centri importanti su tutto il territorio ischitano che daranno vita poi agli attuali sei comuni. Giungiamo all'Ottocento, troviamo una data importante per Ischia. Il 17 settembre del 1853 il lago vulcanico di Ischia viene trasformato in porto. E' un'opera voluta da Ferdinando II di Borbone che presenzia all'inaugurazione a bordo del suo vascello.

 

Il porto di Ischia rappresenterà anche la metaforica apertura dell'isola alla contemporaneità e ad una nuova era, quella turistica. L'approdo sull'isola di personaggi illustri durante gli ultimi due secoli segnerà un nuovo, importante capitolo della storia isolana.

Archeologia e storia

Cultura

Natura

Terme